Il ritorno dall’esilio
Castellammare, Gragnano e Lettere gareggiarono nel chiedere alle autorità il ritorno del Pastore, scrivendo lettere ricolme di elogi e firmate dai migliori cittadini. Il Sotto-Prefetto Nuzzoputi, nella relazione riservatissima, fatta al Prefetto di Napoli, agitava lo spauracchio: ci si preparava “a riceverlo con grande concorso di popolo, con torce e rami di ulivo, quasi trionfalmente”. Con la venuta del Vescovo “si tornerebbe a quella eterna lotta tra la plebe sbrigliata dai preti, e dai Borboni da una parte, e il fiore dei cittadini dall’altra”. Era questa la mentalità dell’epoca: i politici, estratti dalla borghesia, e quindi dalla classe elitaria, disprezzavano il popolino, salvo poi a blandirlo quando ne volevano il favore. Quella “plebe” allora non era affatto sbrigliata; lo divenne dopo, quando lo stato laicista portò a buon termine l’opera di scristianizzazione. Quella “plebe scatenata” era invece “plebs sancta Dei” per la Chiesa. Con l’avvento di Bettino Ricasoli al potere, la politica voltò pagina. Questo ministro il 22 ottobre 1866 da Firenze spedì ai Prefetti del Regno una circolare in cui si leggono delle espressioni di saggezza politica. Il Governo, non differendo più oltre il ritorno di un considerevole numero di Vescovi, ha pure di mira di far cessare il turbamento delle coscienze e di togliere gli impedimenti, che in altre Diocesi si verificano ogni giorno al regolare andamento del servizio religioso… il Governo si onora attestare il proprio rispetto per la Religione della immensa maggioranza degli Italiani33. Era scoccata l’ora del ritorno! Il 14 dicembre 1866 Mons. Petagna ritornò dall’esilio e riabbracciò teneramente la sua Sposa, la Diocesi. Ma la sposa, tanto amata, era vestita a lutto e piangeva: il colera degli anni 1865-1866 l’aveva falciata. Appena in sede, il Santo Vescovo rivolse subito le sue cure e premure ai seminaristi, che nel novembre dell’anno 1866 don Francesco Conte aveva raccolto in casa privata perché il municipio aveva requisito il Seminario. Il Pastore ordinò in sacris alcuni chierici. Il Seminario di Castellammare riprese ben presto il suo posto di prestigio, come modello in tutto il Napoletano, per ottima disciplina, per profondità di studi e per valentìa dei professori. Il Vescovo-padre procurò ai suoi figli una sede, degna, anche se provvisoria, nel convento di Santa Maria di Loreto, in Quisisana.
Il 13 marzo 1867 il Pastore organizzò un vero movimento catechistico. I catechisti dovevano essere soprattutto sacerdoti ed i sacerdoti dovevano essere soprattutto catechisti. Per il nostro Vescovo il catechismo era l’anima dell’apostolato. Nel 1865 il Ministero aveva deciso il licenziamento degli operai in soprannumero del Regio Cantiere navale stabiese. La disoccupazione fu causa di vari tumulti, non sempre sedati con garbo dalla Polizia. Prima della promulgazione dell’enciclica epocale Rerum novarum, il santo Vescovo esortava così i suoi: Acciocché poi quella dipendenza dei sudditi non fosse solamente d’abnegazione, ma ancora amabile, spontanea, dolce, è mestieri che le potestà superiori altresì scendessero a conoscere i bisogni dei loro dipendenti, a prendere vivo interesse del loro stato, ad animarsi dello spirito cristiano per teneramente amarli, e diremmo quasi immedesimarsi con loro. Ma era già sorta la logica spietata del profitto! Il 26 maggio 1867 mons. Petagna, per invito del Sindaco Francesco De Angelis, benedisse la prima pietra dei lavori di ingrandimento del porto. La benedizione si irradiò dal cuore del Pastore come la luce dal sole. Più che benedire una pietra il Servo di Dio godeva nel chiedere alla Provvidenza pane per i figli suoi. L’intervento del Vescovo fu solenne e alimentò la speranza in tempi migliori. Questa lettera del Sindaco ben lo evidenzia. Debbo e rendo grazie alla S.V. Rev.ma da parte mia e a nome dell’intero Municipio per le di Lei cortesi maniere, onde, degnandosi procedere alla sacra funzione di ieri l’altro, per l’inaugurazione del porto, volle a tutti dar prova del suo animo veramente paterno e della sua amorevolezza verso i cittadini di questa Castellammare, che tutta intera godette nel vedere il suo Pastore prendere parte alla gioia comune; ed è a me graditissimo il poternele rendere testimonianza, siccome mi rendo interprete della riconoscenza di tutti.
Il Servo di Dio si impegnò con tutte le sue forze a far sorgere e prosperare in ogni parrocchia la Pia Unione dei Figli e delle Figlie di Maria Immacolata. Egli senza servirsi del verbo moderno promuovere lo coniugava molto bene. Fu certamente illuminazione dello Spirito Santo lo zelo straordinario per le Figlie di Maria Immacolata. In quell’associazione le donne divenivano protagoniste dell’apostolato e prendevano tra le mani le leve dell’educazione e delle opere caritative. In quell’oasi di spiritualità sorsero le tre Congregazioni religiose che cambiarono il volto di Castellammare: le Alcantarine, le Compassioniste e le Religiose dei Sacri Cuori. Il Pastore si immerse totalmente e perdutamente nell’opera di restaurazione, come se si volesse prendere gli arretrati dei suoi cinque anni di lontananza. Ma per le autorità civili il Servo di Dio fu ancora un tollerato. Il Pastore intensificò ed approfondì il dialogo con ciascun sacerdote, moltiplicò le visite a domicilio, anche le più impensate, avido di conoscere le situazioni di tutti e singoli i suoi figli, per porvi rimedio. Il suo zelo apparve miracoloso. Nel 1866 le leggi eversive degli ordini religiosi amareggiarono il Pastore. Il Consiglio Comunale stabiese decretò l’incameramento del Monastero di Santa Maria della Pace, per pubblica utilità. Il santo Vescovo, per scongiurare l’abolizione della Comunità, fece il possibile e l’impossibile. Eppure quelle claustrali non avevano voluto accettare la sua riforma e gli avevano disubbidito. Preparò per loro un piccolo cenobio in una casa d’affitto. Nel 1867 mons. Petagna accolse nella sua diocesi Melania Calvat, la pastorella veggente della Salette, che egli aveva diretto spiritualmente a Marsiglia e mediante la quale aveva appreso il messaggio della Madonna. Egli infatti era ritornato dalla Francia ricco della spiritualità dell’apparizione.
Concilio: evento epocale
Il nostro Vescovo sentì il Concilio Vaticano I quale evento epocale e vi partecipò come ad una Pentecoste. Egli è Pastore che ama la sua Chiesa come sposa e dà tutto se stesso come vittima per santificarla. Lo Spirito Santo gli faceva sentire che la Sposa di Gesù stava per divenire più spirituale. L’intervento del Vescovo Petagna al Concilio ebbe luogo il 21 maggio 1870 nella 56a Congregazione generale. Egli naturalmente difendeva l’infallibilità del Papa con un ardore eccezionale ed in un latino fluido, armonioso ed elegante. Con argomenti storici e teologici sostenne brillantemente che la grande Chiesa di Francia, sempre e dovunque, aveva ritenuto infallibile il Romano Pontefice. Affermò lapidariamente: Opus est dicere: antigallicanus clerus, antigallicana Ecclesia, antigallicana opinio. Il nostro Vescovo scelse questo tema anche per esternare, in forma tanto solenne, la riconoscenza che nutriva per quella nobile Nazione che l’aveva accolto con amore. Marsiglia gli aveva temperato l’esilio così amaro. Da Roma l’otto luglio 1870 al capitolo della sua Cattedrale il nostro Vescovo scriveva: Speriamo che Dio ci faccia conoscere la grandezza della grazia d’essere nati nella cattolica unità, e tenere sempre rivolti gli sguardi affettuosi ed animati da fede a quel centro, che meglio ci serve in quell’unità e ci stringe a Cristo, cioè al suo Vicario in terra! Nessuna provincia ecclesiastica presentò al Concilio tante proposte, quante ne presentò la provincia Campana, guidata, dal Cardinale Sisto Riario Sforza. Pasquale Bilancio poté affermare: La storia del Concilio Vaticano I, senza la conoscenza del contributo dei Vescovi Campani, è un’opera incompleta, anzi una statua deforme. Il nostro Vescovo si distingueva per santità, zelo e dottrina.
Dopo il concilio la speranza vigoreggia
Il 1871 ebbe luogo la solenne consacrazione della Città ai Cuori di Gesù, della Madonna e di San Giuseppe. Il santo vescovo, a sue spese, fece scolpire dall’artista Reccio una statua maestosa di S. Giuseppe e organizzò fervorose manifestazioni di pietà. Il 19 marzo la città bruciò con una specie di incendio mistico appiccato dall’ardente Pastore. Il 26 aprile del 1872 il Vesuvio con la sua eruzione procurò molti danni. Il Prefetto invitò i Sindaci a raccogliere offerte per soccorrere i danneggiati. Il Sindaco di Castellammare chiese l’obolo anche al Capitolo della Cattedrale, il quale, per la verità, l’aveva già raccolto e donato al Cardinale di Napoli per lo stesso scopo. Si trattava di carità, ma il sindaco si guardò bene di adoperare la parola evangelica e la sostituì con quella laica di filantropia, infatti scrisse: Comprendendo la filantropia della S.V. la invito… Il Canonico Arcidiacono rispose per le rime: Questo Capitolo si trova già avere adempiuto all’atto di filantropia. Il Sindaco volle consegnare ai posteri il rifiuto e scrisse sulla risposta: Si conservi per degna memoria. Divenne più profonda la trincea che divideva le due autorità: l’ecclesiastica e la civile. Il 2 luglio dell’anno 1874, con delega del Capitolo Vaticano, il Vescovo Petagna incoronò l’immagine storica di Santa Maria di Pozzano, che è la principale Patrona di Castellammare e ne costituisce il cuore. Il solenne evento coinvolse il popolo e ne portò l’entusiasmo alle stelle. Nel 1875 in occasione dell’anno santo mons. Petagna stilò una lettera pastorale in cui trasfuse tutta la sua calda sapienza.
Il 20 maggio del 1875 la diocesi festeggiò il giubileo episcopale del suo Pastore. Fu un vero plebiscito d’affetto. Ci furono molti fiori, molti bambini e molte lacrime di gioia. In realtà tra le funzioni liturgiche e le dimostrazioni di affetto non si notava alcuna differenza. Le funzioni liturgiche erano festose e quelle festose erano liturgiche. Fu magistrale e sincero il discorso commemorativo di don Andrea di Martino. In parte l’abbiamo riportato nel primo capitolo. Non fu da meno don Francesco di Nola col suo sonetto nel quale scriveva: Angiol di Stabia, della Chiesa onore, oggi tremò l’abisso; il maledetto Lucifero sapea del tuo valore. Il nostro Vescovo è illuminato anche dall’alba della nuova Pompei. Il 2 novembre 1875 Bartolo Longo iniziò la sua gloriosa opera di evangelizzazione con una missione ai poveri valligiani. Ebbene i missionari furono scelti e donati dal Vescovo mons. Petagna, che li prelevò dalla “Congregazione delle missioni” fondata da lui. Il Beato Bartolo Longo, nelle sue memorie, ne immortala i nomi: il canonico Alessandro Santarpia di Lettere, il canonico Giuseppe Rossi di Castellammare e il sacerdote Michele Gentile di Gragnano. Il 4 gennaio 1876 Pio IX, per testimoniare ancora una volta la sua stima ed il suo affetto per il Vescovo Petagna, gli fece pervenire la sua offerta per i lavori d’ingrandimento della Cattedrale.
La pastorella di La Salette
Il 19 settembre 1846 sulla Montagna di La Salette apparve a Melania Calvat e a Massimino Giraud la Vergine Santa. Il nostro Vescovo conobbe Melania a Marsiglia. L’incontro non fu casuale, ma certamente preparato dalla Divina Provvidenza. Quando Mons. Petagna incontra Melania, questa non è più la piccola veggente ed ha già viaggiato molto; ha trentaquattro anni e ne sono trascorsi già diciannove da quando ebbe la visione sulla Salette. Monsignor Petagna ha il dono del discernimento e si convince immediatamente e saldamente che l’ex-pastorella ha visto realmente la Madonna. Si instaura così un rapporto filiale e paterno, che però non elimina la prudenza e l’indagine psicologica. Il Vescovo vedeva la Veggente nei fulgori dell’Assunta, e la Veggente contemplava il Pastore nell’aureola del martirio, perciò la loro intesa spirituale era perfetta e la fiducia massima. Negli ultimi giorni della sua vita terrena il nostro Vescovo raccomanda la veggente alla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari in questi termini. Credo di poter asserire che la suddetta Suor Maria non sembra illusa e mossa da mire umane e che la sua condotta morale e religiosa, per quanto a me costa, è stata sempre irreprensibile e che tale è stata ritenuta dall’Il.mo e Rev.mo Monsignor Zola, il quale è stato in continua relazione con Lei. L’Abate Paolo Gouin scrisse: Monsignor Petagna si presenta come una patetica immagine di pastore perseguitato. La sua fede profonda, la sua dolce pietà, la sua tenera devozione alla Madonna, lo disponevano ad essere un credente de La Salette, e a comprendere ed amare la depositaria del suo messaggio. Prima di ritornare in Italia l’eroico Vescovo disse alla Veggente: Se potrò entrare nella mia diocesi e voi non potrete restare qui, scrivetemi, tutta la mia diocesi vi aprirà le braccia.
Quando in Francia molti non comprendevano Melania ed alcuni volevano strumentalizzarla, mons. Petagna l’accolse paternamente e festosamente nella sua diocesi. Si era in piena persecuzione religiosa, quando Melania arrivò a Napoli e mons. Petagna, “che conosceva lo spirito di Melania un tantino imprudente e che, se libera, non avrebbe mancato di parlare a tutti i frammassoni indiavolati, la mise in un convento, e al suo ritorno da Roma, pose Melania sotto la sua ufficiale protezione con l’approvazione del sommo Pontefice Pio IX”. Chi ci tramanda queste notizie è l’Abate Gouin francese, perciò ci fanno più impressione quelle parole frammassoni indiavolati rivolte ad italiani. Il 19 settembre 1846, quando la Vergine Santa appare a La Salette Francesco Saverio Petagna, ha trentaquattro anni, è straordinariamente maturo per non essere coinvolto, anzi segnato, dall’evento che impressionò non poco il mondo dei credenti. Quando a Marsiglia nel 1866 la Divina Provvidenza affida alle sue cure la Veggente, si sentì parte attiva dell’apparizione e di giorno in giorno ne visse sempre meglio lo spirito. L’immagine della Signora seduta “sopra un mucchio di sassi col volto tra le mani” si incise a caratteri di fuoco nella bella fantasia del bel Pastore. La Madre di Dio, seduta sulle pietre, piange come una derelitta! “La sposa che non può piangere nella casa del suo Sposo (che è in cielo) trova nei campi di questi miserabili figliuoli lacrime in abbondanza”. Queste parole, ripetute dalla Veggente le cento volte, forse, e senza forse, non ebbero in nessuna anima tanta risonanza quanta ne produssero nell’anima mariana del nostro Vescovo. Melania descriveva al vivo l’abbigliamento della Vergine. Certamente incidevano nel cuore sensibilissimo del Vescovo queste parole: Aveva una catenella, alla quale era appesa una croce col suo Cristo; a diritta una tenaglia, a sinistra un martello. Durante i colloqui con la Veggente, il Vescovo nelle lacrime della Madonna legge che la Madre del Redentore prega i figli suoi di non crocifiggerlo ancora col peccato, di cambiar vita e di diventare vittime con la Vittima divina. Salire sul Golgota per essere crocifissi insieme a Gesù, non è né facile, né difficile: è semplicemente impossibile, ma in compagnia della Madonna diventa delizioso. Il nostro Vescovo sperimentò in pienezza questa realtà e desiderò ardentemente che la sperimentassero i suoi fedeli e specialmente le sue suore. Il Vescovo ebbe tanta stima di Melania, da farle tenere delle lezioni di spiritualità alle suore di vita contemplativa della sua Diocesi. La Veggente non si stancava mai di ripetere: La preghiera disarma la collera divina; la preghiera è la chiave del Paradiso. Melania, dopo aver trascorso 13 anni a Castellammare, si stabilì in provincia di Lecce, ad Altamura, ove morì nel dicembre del 1904, molto stimata anche dal Beato Annibale di Francia.
Le istituzioni religiose del Petagna
Le Compassioniste Il colera degli anni 1865-1866 e la successiva epidemia del 1867 lasciarono nel più completo abbandono non poche giovani. Per quelle infelici il Vescovo ebbe cure e premure di padre. Il Ritiro fondato da lui nel 1853 non aveva locali sufficienti per accogliere quelle derelitte. Gli vennero incontro il Commendatore Francesco Starace e la figlia Costanza. Il padre offrì una casa accogliente e la figlia mise a disposizione braccia e cuore di vergine madre. Il nostro Pastore ammirò i carismi eccezionali che risplendevano nella giovane radiante di grazia e di natura. Lei prese il nome di Suor Maria Maddalena, ma in realtà era innocente. Nel 1867 il Pastore mise a frutto le sue risorse e la pose a capo della Pia Unione delle Figlie di Maria in una Cappella serotina, dedicata a Sant’Anna. La missionaria era terziaria dei Servi di Maria Addolorata ed esercitava un gran fascino sulle adolescenti, che accorrevano numerose da lei anche per imparare a leggere ed a scrivere. Alcune figlie di Maria furono attratte dal fascino dell’apostolina e si offrirono per coadiuvarla. Il 16 luglio 1869 quattro coadiutrici di Suor Maddalena dalle mani del Vescovo ricevettero anch’esse l’abito di terziarie dei Servi di Maria e si unirono in Comunità per correre meglio sulle strade della santità. Sorse così la Congregazione delle Suore Compassioniste. Monsignor Petagna, nella Bolla di fondazione, datata 27 maggio 1871, sfoga così il suo giubilo. “Figliole dilettissime, nostro gaudio e corona (Fil. 4, 1) vi parliamo con i detti medesimi del Principe degli Apostoli: studiatevi sempre più di rendere sicura la vostra vocazione e l’elezione vostra, per mezzo delle opere buone. Ricordate, o carissime, che il Regno dei Cieli è dei fanciulli e che i poveri e i derelitti fra loro ne vantano maggior diritto: lasciate dunque che questa eletta porzione del gregge di Gesù Cristo venga a voi per attingere con gioia le acque celestiali dalla fonte del Salvatore”
Le Alcantarine Don Vincenzo Gargiulo si sentiva realmente figlio del Vescovo Petagna, che l’aveva ordinato sacerdote il 19 dicembre 1857. Con l’ordinazione il caro giovane ereditò anche la spiritualità del Pastore. Egli respirava lo spirito francescano nell’orbita di S. Pietro di Alcantara e si impegnava ardentemente per far volare nel cielo della perfezione cristiana anime elette. La giovane meravigliosa Maria Luisa Russo, seguiva molto bene il giovane sacerdote e nel 1859 vestì l’abito del terz’ordine francescano e prese il nome di suor Agnese dell’Immacolata. Il 7 settembre 1869 Don Vincenzo e suor Agnese gettarono il seme del novello istituto. Un gruppo di signorine, infiammate d’amore per Gesù e per i poveri, davanti al santissimo Sacramento si consacrarono quali spose a Gesù e, emettendo i voti religiosi, rinunziarono alla superbia, alla vanità ed ai piaceri. Le suore presero il nome da S. Pietro di Alcantara: e le Alcantarine erano belle e nate. Il Vescovo, straordinariamente convinto che chi si eleva solleva, godeva immensamente quando le anime si votavano alla santità, perciò riconobbe giuridicamente eletta la fraternità e ne approvò le costituzioni. Nel documento il santo Pastore chiamava anche le Alcantarine “mia corona e mia gioia” e le esortava così: Ricordate che avete rinunciato al mondo ed avete prescelto Cristo Signore.
Le Religiose dei Sacri Cuori di Gesù e Maria Se, sotto la sua direzione, erano sorte due Congregazioni religiose e tutte e due avevano come scopo l’educazione e l’assistenza ai poveri, era logico che il Vescovo ne creasse una terza che, nella pratica avesse gli stessi destinatari, ossia i poveri ed i ragazzi? Non era forse come creare un doppione? Monsignor Petagna era un mistico ed aveva ricevuto dallo Spirito Santo un carisma che era cresciuto e maturato nella luce di La Salette. Egli aveva ben assimilato il messaggio della Madonna e voleva infondere il suo carisma in una Congregazione. Non si trattava soltanto di opere di carità corporali e spirituali. Il Vescovo vuole trasfondere la spiritualità singolare con la quale desidera che quelle opere vengano esercitate. La chiamò spiritualità delle vittime. Ci studieremo di esaminarla questa spiritualità, ma non potremo prescindere dall’apparizione di La Salette e dalla sua veggente.
Monsignor Petagna considerava Melania uno strumento d’apostolato, che la divina Provvidenza gli aveva messo tra le mani, perciò le concesse una cappella privata e provvide al suo sostentamento. Il Vescovo affidò a Melania le prime giovani del nascente istituto. Il Pastore, forse anche per confrontarsi con un altro sacerdote esperto di spiritualità, affidò la cara figliuola alle cure di padre Zola, abate di S. Maria di Piedigrotta. Questo distinto sacerdote divenne Vescovo e ricevette la Melania nella sua diocesi di Lecce, dopo la morte del nostro mons. Petagna. Il nostro fondatore si rese ben presto conto che la veggente era sì molto pia, ma non aveva il carisma dell’autorità. Non avendo la pronunzia italiana, non avrebbe potuto insegnare alle suore la recita dell’Ufficio della Madonna che si celebrava in latino. D’altra parte la Melania non conosceva i ritmi e lo stile della vita comune. Il fondatore pensò di mettere a capo della sua Congregazione nascente suor Maria Chiara Bischetti, clarissa del Monastero di S. Bartolomeo di Castellammare. Per ottenere che la clarissa uscisse per alcuni anni dal monastero e guidasse i primi passi nella vita religiosa delle sue suore, il Vescovo presentò al Papa la religiosa in termini assai lusinghieri. La detta religiosa ha 40 anni d’età e 13 di professione, è molto istruita, perché appartiene ad una famiglia di Napoli, di grande pietà e spirito religioso, di carattere dolce, ed insieme serio e grave, ed ancora conosce la musica da maestra, per modo che la nuova casa non avrà bisogno di altro maestro esterno. Alla famiglia religiosa il Servo di Dio diede come titolo provvisorio “Suore della Santa Famiglia”. Era evidente: le brave figliole dovevano riprodurre nella loro casa il clima che si respirava dalla Sacra Famiglia a Nazareth. Lo spirito, che regnava tra quelle giovani spose di Gesù, dovette essere eccellente, se il Cardinale Sisto Riario Sforza ne riportò “una bellissima impressione”. La prima superiora infuse molto bene lo spirito desiderato dal Fondatore; essa incarnava realmente l’ideale di Sposa di Gesù. Il primo nucleo di suore entrò nella dimora presa in affitto dal Vescovo. Alle suore il Pastore diede come guida spirituale il canonico teologo del capitolo, Francesco Conte. Questo santo sacerdote era stato l’angelo del conforto per il Vescovo esule a Marsiglia. Nella spiritualità don Francesco stava al suo Vescovo un po’ come Eliseo ad Elia.
La ricchezza di questa Congregazione sta tutta nella originalità del suo carisma che è quello stesso del Vescovo Petagna. Cercheremo di fare una sintesi della spiritualità come emerge dalle regole, che sono un gioiello mirabile dell’ascetica e della mistica di tutti i tempi. Il 16 aprile 1874 la clarissa Maria Chiara Bischetti rientrò nel suo Monastero e, quale Superiora Generale, guidò la comunità Madre Assunta Nicoletti. Già nel novembre del 1874 le suore col nome di “Vittime dei Sacri Cuori” sciamarono fuori diocesi. Il biografo del Petagna, che come si è detto ne è anche un grande devoto, scrive: Quest’opera mostrò quanta stima Mons. Petagna godeva fino nelle più lontane Diocesi, perché, sulla garanzia del suo nome, vennero a lui, mandate dai Vescovi e da altri venerandi Ecclesiastici, giovani distinte anche per nascita e cultura, da diversi luoghi, e crebbero in pochi anni tanto, che, mentre un gran numero ne restava qui, se ne provvedevano altre in altri luoghi, con riconoscenza e benedizione specialissima. Aveva mille ragioni don Raffaele Oriente quando scriveva da Campobasso al nostro Vescovo: Mentre oggi si distrugge, Vostra Eccellenza edifica prodigiosamente. Le suore di oggi si chiamano Religiose dei Sacri Cuori, in origine si denominavano Le Vittime dei Sacri Cuori.
Il costruttore di Dio
Per il dinamismo apostolico del Pastore, con ritmo accelerato, si innalzavano verso il sole chiese belle, che sorgevano come per germinazione spontanea. Il Vescovo Petagna, già nel 1851, progettò la chiesa dedicata alla Vergine del Carmine al Rione Ferrovia, ma ne benedisse la prima pietra solamente il 15 agosto 1870 il Vescovo di Andria Monsignor Giuseppe Longobardi, già canonico teologo del Capitolo della Cattedrale di Castellammare. Monsignor Petagna era assente per i lavori del Concilio. Il 25 marzo 1854 il nostro Vescovo benedisse la prima pietra della chiesa dell’Annunziata nelle campagne stabiesi. Nel 1858 diede inizio alla costruzione della chiesa dedicata alla vergine del Buonconsiglio nell’omonima contrada, nel comune di Lettere. Nel gennaio del 1859 l’ardente apostolo benedisse la prima pietra della chiesa di S. Vincenzo Ferreri, che poi consacrò dieci anni dopo. Nella zona della spiaggia, per volere del Vescovo, sorse la chiesa di S. Francesco Saverio, come Cappella serotina. Nel 1860 il Pastore buono, prima di andare in esilio, fece abbellire la chiesa di Porto Salvo e nella chiesa di S. Maria dell’Orto eresse un altare a S. Giovanni di Dio, protettore degli infermi. Il primo settembre 1872 il Vescovo Petagna benedisse aa prima pietra della chiesa dal titolo della Vergine della Salette, che sostituì la Cappella serotina dell’Immacolata, in località Starza. Nell’aprile del 1875, con una lettera garbata il Vescovo domandò alle autorità municipali il consenso per ampliare e decorare la Cattedrale. Il Consiglio comunale rispose affermativamente, ma mise bene in vista il diritto di patronato, che il municipio aveva sulla cattedrale, e si espresse in questi termini: Visto che il Vescovo si era offerto gentilmente di attuare i lavori d’ingrandimento della Cattedrale. Molto logico: la proprietà è del municipio, ma la manutenzione spetta al Vescovo! Monsignor Petagna, ammirando il progetto preparato dall’architetto Rispoli, disse: Cavaliere, fate subito, cominciate a demolire, perché io morrò fra breve; lasciatemi una saletta, poche stanze ed una cucina, e cominciate l’opera. Nel 1876 mons. Petagna fece restaurare la chiesa di S. Giacomo Maggiore.