La storiografia del secolo XIX, particolarmente quella che tramandò il declino del Regno delle Due Sicilie, con riguardo all’operato dei Vescovi di quel Regno non ha ancora suggellato i suoi volumi, non ha posto la parola fine all’operato dei Prelati di quel Regno che, scacciati o costretti ad andare esuli recarono in terra straniera il loro duplice ideale: la difesa del Munus Episcopale e quella del Papato, mentre sempre più si cercava di accreditare l’opinione che l’operato di quei Prelati fosse espressione di uno spirito retrivo e di un acceso filoborbonismo. Furono, infatti, i Vescovi del Regno delle Due Sicilie i pionieri degli eventi che, già nell’estate dell’anno 1860 saettavano alle frontiere del Regno Napoletano e, pertanto si accinsero ad affrontare il grave compito della difesa dei diritti della Chiesa e del loro ministero episcopale minati da quegli incalzanti eventi che, nel settembre del medesimo anno travolsero un Regno, una Dinastia: quella Borbonica. Non secondo ai Prelati meridionali fu il Pastore della Diocesi Stabiese, Monsignor Francesco Saverio Petagna, un pupillo di quella gigantesca figura cardinalizia che fu l’Arcivescovo di Napoli Sisto Riario Sforza.
Un Vescovo, il Petagna che nell’anno 1860 seppe difendere i valori della Sacrosanta Cattolica Religione, scrutare gli animi, aborrire la fellonia di amministratori civici diocesani stabiesi preferendo “per essere più libero nel suo ministero episcopale” l’esilio al trionfo degli spergiuri. Monsignor Francesco Saverio Petagna nacque in Napoli in una casa sita alla Piazza Larga dei Coppolari n. 12. Suo padre Domenico, di professione orafo, oriundo della città di Sorrento e sua madre Maria Angelica Cataldo ben presto inculcarono nel loro pargolo quei semi della cristiana religione tanto cara al popolo, lontano certamente dagli innovamenti settari che già agli albori del secolo XIX cercavano spazio nei vani strati della vita sociale. E il giovane Petagna vestì l’abito talare e, con la scorta vigile di un prozio materno, Canonico della Collegiata di S. Giovanni Maggiore in Napoli, fece rapidi avanzi nello scibile delle sacre e profane scienze. Fu sacerdote nell’anno 1835 e, palesata la sua poliedrica cultura, fu da quei rinomati filosofi e teologi, ornamenti del Clero Napoletano: Sanseverino, Maresca, Schenardi, Garavini chiamato a confondatore nell’anno 1841 del periodico “La Scienza e la Fede”, mentre il suaccennato Cardinale-Arcivescovo di Napoli lo deputava a professore di teologia dommatica nel Liceo Arcivescovile di Napoli. La nobiltà napoletana, ascritta alla Reale Arciconfraternita di S. Maria dei Sette Dolori in S. Ferdinando di Palazzo in Napoli volle il Petagna nell’anno 1849 a Rettore e Padre Spirituale del nobile Sodalizio e si giovò della poliedrica cultura del giovane levita napoletano.
Fu il Re delle Due Sicilie, Ferdinando Il di Borbone che nello stesso anno presentò il Petagna al Sommo Pontefice Pio IX per la vacante Chiesa Cattedrale di Castellammare di Stabia, della quale fu Pastore per Bolla Pontificia del 20 maggio 1850. Un arcobaleno racchiude l’operato del Pastore Stabiese Petagna; un arcobaleno che in un principio ed una fine strettamente intessuti racchiudono l’operato del Prelato Stabiese.
La Carità è il motto che contraddistinse il Vescovo Petagna; sue le fondazioni a sfondo sociale: il ritiro delle pentite, l’orfanotrofio dell’Immacolata, il mendicicomio. Ma il contrassegno biblico “Signum cui contradicetur” fu l’emblema del Prelato Stabiese che, costretto all’esilio per le su esposte ragioni politico-sociali, nei sei anni trascorsi in Marsiglia e in Roma temprò maggionnente il suo animo e fu maestro di fede, mostrando dalla cattedra episcopale che eresse in terra straniera, con gli scritti, di quale carato fosse la sua fede e il suo ossequio al Romano Pontefice. Poi il ritorno dall’esilio. Il suo nome resta inciso nella fondazione della Congregazione delle Religiose dei Sacri Cuori di Gesù e Maria e nella sanzione di due Congregazioni sorte in Diocesi Stabiese: quella delle Compassioniste Serve di Maria e delle Francescane Alcantarine, Congregazioni queste che al presente perpetuano anche fuori della Diocesi Stabiese il venerato nome di Monsignor Petagna.
Il nome dell’illustre Prelato resta anche scolpito nei lavori d’ingrandimento della Cattedrale stabiese che egli tenacemente propugnò e negli atti del Concilio Vaticano I, ove strenuamente difese l’infallibilità pontificia. Poi un tramonto sereno, confortato dal ricordo delle attuate opere, dalla presenza in Diocesi Stabiese della Veggente della Salette, Suor Maria della Croce, al secolo Melania Calvat che egli volle in Diocesi a baluardo della Fede che fu il suo vessillo.
E morì povero nel suo episcopio, mentre sorgeva la fredda alba del giorno 18 dicembre 1878; morì povero come da povero era vissuto, memore dello spirito evangelico che mai abiurò, ricevendo per le leggi che vigevano in quell’anno un ultimo suggello alla sua povertà evangelica: la sepoltura nell’oscura cripta della Chiesa cimiteriale stabiese.